Avere un cuore scout fa si che si sia liberi di amare il prossimo.. questa storia è bellissima!
Quand’ero ragazzo, le proposte politiche rivolte a noi
giovani erano tutte a senso unico: fasciste.
Chi avrebbe potuto parlare in termini diversi preferiva
stare zitto, per paura o per non essere definito un
superato.
In qualche momento era sufficiente girare per piazza
con «L’Osservatore Romano», che spuntava dalla tasca
della giacca, per essere per lo meno derisi, se non insultati
e picchiati dalle squadrette giovanili di moda.
La stragrande maggioranza degli adulti aveva ormai
accettato come soluzione storica inevitabile l’avvento
dell’ «ordine nuovo» fascista.
I grandi strumenti di diffusione delle idee, anche loro
per essere all’avanguardia, da tempo avevavo sposato il
nuovo corso,e ne erano stati i fautori. Stampa, spettacolo,
cultura e scuola suonavano tutti a meraviglia un’unica sinfonia: «il vecchio sistema marcio e superato aveva
finalmente lasciato il posto ad un ordine nuovo, più giusto,
più moderno, più consono alla dignità della nazione
e dei suoi cittadini!».
Tutti si erano lasciati catturare da queste idee e le
avevano di buon grado accettate come segno dei tempi.
L’opinione pubblica era ormai convinta della validità storica
di questi pseudo ideali.
Non si può certamente dire che negli anni trenta il
fascismo si sia retto con la forza. Si resse col consenso delle masse popolari che, illuse da una ben orchestrata
pubblicità di progresso, andavano in piazza ordinatamente
a sfilare e a manifestare. Tutti salutavano fieramente
con il braccio alzato, sia che passasse una bandiera
o un funerale.
Salvo qualche irriducibile, ormai emarginato o compatito
dagli amici, tutti gli altri italiani si erano convinti
che quella fosse l’unica soluzione nazionale valida, giusta
ed entusiasmante. Poi, dopo la caduta del Duce, gli
Italiani si scoprirono tutti irriducibilmente da sempre
antifascisti. Può darsi che qualcuno lo fosse anche, ma
certamente fino a quel momento ebbe grande capacità di
dissimularlo e una grande abilità nel girare fieramente in
camicia nera per non farsi scoprire.
Solo qualche barzelletta sul regime rompeva bonariamente
la monotonia del generale consenso.
Con entusiasmo generale anche la guerra fu accettata
come mezzo per portare il nuovo corso della storia ad
un mondo di nazioni demo-pluto-giudaico, ecc. ecc.
ormai in disfacimento morale e politico.
Ci vollero i rovesci e i disastri dei campi di battaglia
per aprire gli occhi agli italiani e specialmente ai giovani,
che non avevano avuto fino a quel momento altra esperienza
diversa da quella fascista.
In quel generale dissesto e sconquasso di valori, ci fu
finalmente qualcuno che cominciò a parlare ed a pensare
ad un futuro diverso.
Il 25 Luglio del ‘43, con la caduta del fascismo, ci fu
un confuso entusiasmo ed timido fiorire di qualche concreta
iniziativa, subito contratta poi dall’armistizio.
L’iniziativa vera nacque dopo l’occupazione tedesca
e la nascita della repubblica sociale di Salò che imposero
un’azione di resistenza nei loro confronti.
Occorreva uscire da quella situazione disperata. Una
cosa era ormai certa: lasciato dietro alle spalle un periodo
storico, occorreva arrivare alle soglie di uno nuovo e
ciò era possibile solo acquistando innanzitutto la libertà.
Ecco: gli Italiani ebbero finalmente una bandiera per
cui battersi: la libertà. Fu un ideale comune, anche se
visto con ottiche diverse, poiché pian piano si stavano
strutturando le diverse formazioni politiche. Per i comunisti,
ad esempio, era forte la tentazione di considerare la
libertà soprattutto come l’occasione propizia per il
trionfo del partito secondo quegli schemi che furono poi
applicati all’Europa orientale.
In quel momento urgeva soprattutto l’azione, ma
non si trascurò nemmeno l’ideologia, perché la liberazione
doveva sfociare in una soluzione politica. Ecco
perché gli uomini di pensiero, giovani ed anziani, si
affiancarono a chi conduceva la resistenza armata.
Nella mia brigata partigiana avemmo così, oltre alle
azioni armate, al salvataggio dei perseguitati e degli
ebrei, al trasferimento dei materiali e rifornimenti, anche
la stampa clandestina e le riunioni ideologiche per porre le basi di un’azione politica futura.
L’Azione Cattolica e soprattutto la FUCI, alcuni
ordini religiosi e il clero secolare fornirono gli uomini
preparati. Molti di essi, che nel periodo precedente
erano rimasti chiusi nei loro studi, finalmente cominciarono
ad uscire e a mettere a disposizione dei più giovani
la loro competenza. Perché non parlarono prima?
Perché alcuni di loro si illusero di poter cambiare il fascismo
da dentro. Anche oggi d’altronde c’è qualcuno che
crede di poter battezzare o benedire tutto…
Nel 1944 la libertà era ormai a portata di mano ma
occorreva conquistarla, pagandola con l’azione e col
sacrificio. Per noi giovani tutto ciò che sapeva di libertà
aveva finalmente un fascino irresistibile e per essa rischiavamo la vita ogni giorno nella resistenza.
Fu proprio in quel periodo che sentii parlare in termini
convenienti dello scautismo.
In città, la nostra brigata partigiana aveva uno dei
suoi punti di riferimento nella sede della FUCI. Un innocuo
Gruppo del Vangelo, diventava, al termine della lettura
della Parola di Dio, l’occasione per incontrarci, per
fare piani d’azione o per approfondire argomenti sociali
e politici.
Un giorno, proprio nella prospettiva della libertà che
avremmo finalmente raggiunto e per la quale combattevamo,
parlammo di Scautismo. Uno di noi, un giovanissimo
laureato, venne alla riunione con una copia dello
Scautismo per ragazzi (la vecchia caratteristica edizione di
Mario di Carpegna) e ci parlò con entusiasmo di queso
metodo valido per una vera educazione dei ragazzi alla
libertà. Non a caso Padre Forestier, uno dei massimi
«maestri» dello scautismo che varrebbe la pena di riscoprire,
ha scritto un capolavoro di libro intitolato:
Scautismo, una strada di libertà.
Quella presentazione dello scautismo, quella finestra
aperta al di là del tragico panorama in cui vivevamo, mi
diede in quel momento un’ulteriore ragione di speranza
nella vita e nel prossimo. Dovevamo arrivare ad ogni
costo a quegli orizzonti.
Dovevamo conquistare quelle montagne, al di là
delle quali finalmente avremmo potuto correre la nostra avventura di uomini liberi. Dovevamo conquistare quella
possibilità d’avventura per tanti ragazzi che uscivano
dal tunnel del fascismo.
Quando nel 1947 gli scouts italiani entrarono nell’arena
di Moisson per l’inaugurazione del Jamboree della
Pace, il primo del dopoguerra, il loro rientro nel cerchio
dei popoli liberi fu sottolineato con un grande applauso
che ci riempì tutti di gioia e di commozione e ci diede la
certezza che l’obiettivo era stato raggiunto.
Quella sera in cui sentii parlare dello scautismo, io
misi quel fiore (quel fiordaliso) all’occhiello e mi riproposi
di arrivare a quelle praterie in cui crescevano in
abbondanza.
La situazione intanto peggiorava e la lotta diventava
più aspra. L’azione partigiana ci imponeva delle regole
dure e spietate. In città occorreva adottare la tattica dei
piccoli gruppi, per impedire che l’eventuale scoperta di
alcuni compromettesse gli altri. Per varie settimane persi
di vista quel giovane; io ero in un altro settore della città;
lui ospite presso dei frati che conosceva.
Un brutto giorno scoppiò il fattaccio: i tedeschi
penetrarono in quel convento e, a seguito di un’accurata
perquisizione, scoprirono un deposito d’armi, accuratamente
celato in un pozzo asciutto. In quei casi la
«Feldgerdarmerie» faceva pochi complimenti.Vennero
radunati tutti i frati per essere caricati su di un camion. A
questo punto si presentò lui ed all’ufficiale che comandava i tedeschi si autoaccusò come l’unico responsabile
dell’occultamento delle armi.
I frati furono subito rilasciati e sul camion al loro
posto, con un mitra puntato alla schiena, salì lui solo.
Fu condotto prima in un campo di concentramento
italiano tristemente noto, da cui tentammo inutilmente
di farlo uscire, poi fu trasferito in Germania. Non
tornò più.
Era sua la responsabilità delle armi? Non si è mai
saputo. Certo agì - come diremo noi - da scout anche se
per la sua giovane età non poteva aver appartenuto alla
vecchia ASCI.
Il Fiordaliso cominciava a rifiorire.