Racconti al Fuoco di Bivacco
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Il prezzo della libertà
2017-01-06 23:02:21
Avere un cuore scout fa si che si sia liberi di amare il prossimo.. questa storia è bellissima!

Quand’ero ragazzo, le proposte politiche rivolte a noi giovani erano tutte a senso unico: fasciste. Chi avrebbe potuto parlare in termini diversi preferiva stare zitto, per paura o per non essere definito un superato.
In qualche momento era sufficiente girare per piazza con «L’Osservatore Romano», che spuntava dalla tasca della giacca, per essere per lo meno derisi, se non insultati e picchiati dalle squadrette giovanili di moda. La stragrande maggioranza degli adulti aveva ormai accettato come soluzione storica inevitabile l’avvento dell’ «ordine nuovo» fascista. I grandi strumenti di diffusione delle idee, anche loro per essere all’avanguardia, da tempo avevavo sposato il nuovo corso,e ne erano stati i fautori. Stampa, spettacolo, cultura e scuola suonavano tutti a meraviglia un’unica sinfonia: «il vecchio sistema marcio e superato aveva finalmente lasciato il posto ad un ordine nuovo, più giusto, più moderno, più consono alla dignità della nazione e dei suoi cittadini!».
Tutti si erano lasciati catturare da queste idee e le avevano di buon grado accettate come segno dei tempi. L’opinione pubblica era ormai convinta della validità storica di questi pseudo ideali. Non si può certamente dire che negli anni trenta il fascismo si sia retto con la forza. Si resse col consenso delle masse popolari che, illuse da una ben orchestrata pubblicità di progresso, andavano in piazza ordinatamente a sfilare e a manifestare. Tutti salutavano fieramente con il braccio alzato, sia che passasse una bandiera o un funerale.
Salvo qualche irriducibile, ormai emarginato o compatito dagli amici, tutti gli altri italiani si erano convinti che quella fosse l’unica soluzione nazionale valida, giusta ed entusiasmante. Poi, dopo la caduta del Duce, gli Italiani si scoprirono tutti irriducibilmente da sempre antifascisti. Può darsi che qualcuno lo fosse anche, ma certamente fino a quel momento ebbe grande capacità di dissimularlo e una grande abilità nel girare fieramente in camicia nera per non farsi scoprire.
Solo qualche barzelletta sul regime rompeva bonariamente la monotonia del generale consenso. Con entusiasmo generale anche la guerra fu accettata come mezzo per portare il nuovo corso della storia ad un mondo di nazioni demo-pluto-giudaico, ecc. ecc. ormai in disfacimento morale e politico.


Ci vollero i rovesci e i disastri dei campi di battaglia per aprire gli occhi agli italiani e specialmente ai giovani, che non avevano avuto fino a quel momento altra esperienza diversa da quella fascista.
In quel generale dissesto e sconquasso di valori, ci fu finalmente qualcuno che cominciò a parlare ed a pensare ad un futuro diverso.
Il 25 Luglio del ‘43, con la caduta del fascismo, ci fu un confuso entusiasmo ed timido fiorire di qualche concreta iniziativa, subito contratta poi dall’armistizio. L’iniziativa vera nacque dopo l’occupazione tedesca e la nascita della repubblica sociale di Salò che imposero un’azione di resistenza nei loro confronti. Occorreva uscire da quella situazione disperata. Una cosa era ormai certa: lasciato dietro alle spalle un periodo storico, occorreva arrivare alle soglie di uno nuovo e ciò era possibile solo acquistando innanzitutto la libertà. Ecco: gli Italiani ebbero finalmente una bandiera per cui battersi: la libertà. Fu un ideale comune, anche se visto con ottiche diverse, poiché pian piano si stavano strutturando le diverse formazioni politiche. Per i comunisti, ad esempio, era forte la tentazione di considerare la libertà soprattutto come l’occasione propizia per il trionfo del partito secondo quegli schemi che furono poi applicati all’Europa orientale.
In quel momento urgeva soprattutto l’azione, ma non si trascurò nemmeno l’ideologia, perché la liberazione doveva sfociare in una soluzione politica. Ecco perché gli uomini di pensiero, giovani ed anziani, si affiancarono a chi conduceva la resistenza armata.
Nella mia brigata partigiana avemmo così, oltre alle azioni armate, al salvataggio dei perseguitati e degli ebrei, al trasferimento dei materiali e rifornimenti, anche la stampa clandestina e le riunioni ideologiche per porre le basi di un’azione politica futura.
L’Azione Cattolica e soprattutto la FUCI, alcuni ordini religiosi e il clero secolare fornirono gli uomini preparati. Molti di essi, che nel periodo precedente erano rimasti chiusi nei loro studi, finalmente cominciarono ad uscire e a mettere a disposizione dei più giovani la loro competenza. Perché non parlarono prima? Perché alcuni di loro si illusero di poter cambiare il fascismo da dentro. Anche oggi d’altronde c’è qualcuno che crede di poter battezzare o benedire tutto…
Nel 1944 la libertà era ormai a portata di mano ma occorreva conquistarla, pagandola con l’azione e col sacrificio. Per noi giovani tutto ciò che sapeva di libertà aveva finalmente un fascino irresistibile e per essa rischiavamo la vita ogni giorno nella resistenza.
Fu proprio in quel periodo che sentii parlare in termini convenienti dello scautismo. In città, la nostra brigata partigiana aveva uno dei suoi punti di riferimento nella sede della FUCI. Un innocuo Gruppo del Vangelo, diventava, al termine della lettura della Parola di Dio, l’occasione per incontrarci, per fare piani d’azione o per approfondire argomenti sociali e politici.
Un giorno, proprio nella prospettiva della libertà che avremmo finalmente raggiunto e per la quale combattevamo, parlammo di Scautismo. Uno di noi, un giovanissimo laureato, venne alla riunione con una copia dello Scautismo per ragazzi (la vecchia caratteristica edizione di Mario di Carpegna) e ci parlò con entusiasmo di queso metodo valido per una vera educazione dei ragazzi alla libertà. Non a caso Padre Forestier, uno dei massimi «maestri» dello scautismo che varrebbe la pena di riscoprire, ha scritto un capolavoro di libro intitolato: Scautismo, una strada di libertà.
Quella presentazione dello scautismo, quella finestra aperta al di là del tragico panorama in cui vivevamo, mi diede in quel momento un’ulteriore ragione di speranza nella vita e nel prossimo. Dovevamo arrivare ad ogni costo a quegli orizzonti.
Dovevamo conquistare quelle montagne, al di là delle quali finalmente avremmo potuto correre la nostra avventura di uomini liberi. Dovevamo conquistare quella possibilità d’avventura per tanti ragazzi che uscivano dal tunnel del fascismo.
Quando nel 1947 gli scouts italiani entrarono nell’arena di Moisson per l’inaugurazione del Jamboree della Pace, il primo del dopoguerra, il loro rientro nel cerchio dei popoli liberi fu sottolineato con un grande applauso che ci riempì tutti di gioia e di commozione e ci diede la certezza che l’obiettivo era stato raggiunto. Quella sera in cui sentii parlare dello scautismo, io misi quel fiore (quel fiordaliso) all’occhiello e mi riproposi di arrivare a quelle praterie in cui crescevano in abbondanza.
La situazione intanto peggiorava e la lotta diventava più aspra. L’azione partigiana ci imponeva delle regole dure e spietate. In città occorreva adottare la tattica dei piccoli gruppi, per impedire che l’eventuale scoperta di alcuni compromettesse gli altri. Per varie settimane persi di vista quel giovane; io ero in un altro settore della città; lui ospite presso dei frati che conosceva.
Un brutto giorno scoppiò il fattaccio: i tedeschi penetrarono in quel convento e, a seguito di un’accurata perquisizione, scoprirono un deposito d’armi, accuratamente celato in un pozzo asciutto. In quei casi la «Feldgerdarmerie» faceva pochi complimenti.Vennero radunati tutti i frati per essere caricati su di un camion. A questo punto si presentò lui ed all’ufficiale che comandava i tedeschi si autoaccusò come l’unico responsabile dell’occultamento delle armi.
I frati furono subito rilasciati e sul camion al loro posto, con un mitra puntato alla schiena, salì lui solo. Fu condotto prima in un campo di concentramento italiano tristemente noto, da cui tentammo inutilmente di farlo uscire, poi fu trasferito in Germania. Non tornò più.
Era sua la responsabilità delle armi? Non si è mai saputo. Certo agì - come diremo noi - da scout anche se per la sua giovane età non poteva aver appartenuto alla vecchia ASCI. Il Fiordaliso cominciava a rifiorire.

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