Racconti al Fuoco di Bivacco
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I sarchiaponi volanti
2017-01-07 09:58:53
Molti ricordano il famoso sketch televisivo di Walter Chiari sui «Sarchiaponi» e credono ancora che questo strano animale sia solo una pura invenzione del simpatico attore. Sbagliato!

I sarchiaponi esistono realmente e noi abbiamo saputo da fonti solitamente ben informate che l’ispirazione per la scenetta comica nacque da una notizia giornalistica.
Un famoso settimanale di quei tempi scrisse infatti che una coppia di misteriosi animali, catturata dopo lunghi appostamenti nel Sud America, era fuggita dalla gabbia, durante il trasferimento verso Bologna, ove era attesa, per esser studiata nella locale facoltà di zoologia dell’università, da un’equipe di scienziati guidata dal celebre professor Ghigi. Poiché si trattava di una specie di animali molto rara, difficilissima da avvicinare e ancor più da catturare, il dispiacere per la perdita fu molto grande. La cattura dei due esemplari, maschio e femmina, era avvenuta per pura fortuna ad opera d’indigeni espertissimi ma anche molto timorosi, poiché quegli animali godono di una cattiva reputazione per la loro cattiveria, per la loro mole e ancor più perché porterebbero disgrazia e sfortuna. Non si ritenne quindi possibile riorganizzare una spedizione che tentasse una nuova cattura in America e si cercò solo di recuperare i due rarissimi esemplari, con alcune battute di caccia, senza successo, nella zona del fiume Idice, dove si erano - possiamo ben dirlo - volatilizzati. Purtroppo nessuno aveva ancora pensato di fotografarli per cui di essi non rimase nemmeno l’immagine. Passarono molti anni e i sarchiaponi furono quasi dimenticati, anche se qualcuno ogni tanto raccontava nel bar di aver udito delle grida agghiaccianti nel bosco o di aver intravisto degli strani animali nel folto della vegetazione. Poiché in genere si trattava di cacciatori, abituati a spararle grosse, la discussione si concludeva inevitabilmente con una risata generale e l’interessato veniva pregato di cambiar argomento se desiderava salvare la propria reputazione. Una prima indagine Alcune di queste « chiacchiere » arrivarono anche alle orecchie dei Capi del Reparto Villanova 1°, sempre alla ricerca d’informazione sull’am¬biente locale, utili per le esplorazioni degli Scouts. Il reparto di Villanova frequenta spesso per le sue attività all’aperto la zona in cui il fiume Savena si unisce al fiume Idice, ricca di vege¬tazione. L’esplorazione della natura è un’attività fondamentale per gli Scouts perché aiuta a comprendere il significato di tante cose e in particolare come la natura condiziona l’uomo e come l’uomo modifica la natura. Queste osservazioni insegnano a ragionare. Luigi, il Capo degli Scouts, consigliò ai suoi Aiuti di fare una rapida indagine nei bar e negli esercizi locali, frequentati da cacciatori, per raccogliere più notizie possibile, senza trascurare qualsiasi particolare anche bizzarro. Questi, indicati qui di seguito, i risultati. Finché son giovani, i sarchiaponi volano ma invecchiando si appesan-tiscono e preferiscono correre; si muovono preferibilmente nelle ultime ore della notte e all’alba; se sono disturbati emettono un urlo spavento¬so; sono molto sospettosi ed è quindi quasi impossibile avvicinarli; sa¬rebbero molto più grandi di un grosso tacchino e di orrendo aspetto. Qualcuno afferma che in caso di fame arrivino anche a rovistare nelle discariche, nelle buche dei rifiuti e nelle dispense aperte dei Campi Scout. Sarebbero anche ghiottissimi del tonno in scatola. Sarà poi vero? Il nome “Sarchiapone” (« Sarchiapo orridus » scientificamente) deriverebbe dai terribili unghioni dei loro piedi, che usano come micidiale arma di difesa. Le tracce di questi artigli sarebbero state rilevate chiaris¬sime oltre che sul terreno anche su alcuni alberi di pioppo quasi comple¬tamente scortecciati. I guardiacaccia della zona, interrogati in proposito, si mantengono molto sul vago, evidentemente per non destare allarmismi.
Un urlo nella notte L’anno scorso, durante un’uscita estiva sul fiume verso mezzanotte, quando gli Scouts si stavano addormentando in tenda tutti udirono chiara¬mente un urlo raccapricciante che poteva scatenare qualsiasi ipotesi fantastica. Quasi tutti si raggomitolarono ancor più nel saccoletto, chiu¬dendo la lampo fino agli occhi, dopo aver controllato se a portata di mano c’era un’accetta o un coltello o un bastone, precedentemente predisposto a scopo di difesa. Le chiacchiere circolate negli ultimi giorni suggerivano chiaramente anche questa misura prudenziale. Solo Silvano, uno degli Aiuti, uscì coraggiosamente dalla tenda, per controllare la situazione. Era una notte di luna piena. L’urlo non si ripeté e il Campo, dopo qualche tempo, piombò in un sonno profondo, tanto che il giorno successivo alcuni Scouts non seppero precisare se l’urlo lo avessero veramente sentito o soltanto sognato. Arrivò in visita al Campo anche Sandro, un vecchio Scout, di media età, conosciuto per le sue attività veliche, automobilistiche e comunque avventurose, vissute in mezzo mondo. Anche il suo abbigliamento molto sportivo e la barba modello pirata avevano contribuito a creare nel Reparto un certo alone di fantasia e di mistero su di lui. Con estremo interesse s’inserì nell’argomento del giorno, raccontando che durante la sua permanenza in Brasile, per la costruzione di una strada nella giungla amazzonica, aveva avuto occasione di vedere alcune ossa, e soprattutto gli artigli, di un sarchiapone giovane mangiato dagli indigeni. Anche la descrizione fatta da questi ultimi, secondo lui, sembra¬va corrispondere in gran parte alle notizie già conosciute dal Reparto.
L’atmosfera si arroventò e il Fuoco di Bivacco, più che nelle solite scenette, fu spontaneamente quasi tutto impegnato, in una discussione sui sarchiaponi e... sul coraggio necessario per affrontarli. I più scettici sulla loro concreta esistenza non si dichiararono disponibili a partire per ricercarli. Solo Massimo e Walter, rispettivamente Capo e Vice dei Cobra, parvero disposti all’impresa. Alcuni segreti motivi c’erano: qualcuno, infatti si era dichiarato disponibile a scommettere venti chili di angurie contro il loro coraggio e anche ad illustrare convenientemente alle Guide un eventuale rifiuto.

Due coraggiosi
I Capi pensarono che era opportuno battere il ferro finché era caldo e proposero un appostamento per la notte stessa. Al termine del Fuoco, dopo un’opportuna merenda rinvigoritrice, i due ardimentosi sarebbero partiti per andare ad appostarsi nella zona da cui sembrava esser partito il grido. Poncho, accetta, pila, binocoli, borraccia con liquido corroborante, macchina fotografica con flash, registratore, viso annerito col fondo di un tappo da sughero bruciato (secondo le ben note tecniche dei commandos): nulla mancava agli intrepidi. Il resto del Reparto era forse combattu¬to tra il compatimento e l’invidia; qualcuno per fare un po’ lo spiritoso suggerì di completare l’equipaggiamento con un rotolo di carta per « usi speciali » (quella che si appende ai palloncini per misurare i piani di un palazzo, tanto per intenderci!). Era una magnifica notte di luna e i nostri eroi raggiunsero in silenzio il luogo stabilito per porre un posto di osservazione, secondo le ben note regole suggerite dal trapperone nazionale Andrea Mercanti, che a Villanova è di casa. Si misero poi in postazione per attendere gli eventi. Il tempo passava e... la paura cresceva. Saranno stati i rumori del fiume, amplificati enormemente, parrà strano, dal silenzio della notte, oppure le ombre che la luna nel suo corso verso l’orizzonte, allungava e modificava continuamente, fatto sta che il cuore cominciò a battere più velocemente e a salire verso la gola, mentre un sudorino freddo scendeva invece lungo la schiena. Verso l’alba cessò improvvisamente anche la brezza, stanca forse di aver orchestrato tanti rumori sospetti: un’atmosfera gravida di incognite calò allora gelatinosamente tutt’intorno, raggiungendo anche lo stomaco. Quel po’ di torpore, che fino a quel momento aveva tentato di appe¬santire le palpebre, fuggì via. C’era nell’aria una palpabile sensazione che qualcosa stesse per accadere da un momento all’altro.

Sarà svelato il mistero?
Laggiù, verso il confine tra il pratone e il bosco, dove i due Scouts avevano posto una scatoletta di tonno aperta come esca, qualcosa parve muoversi. Era un’entità certamente diversa dalle sagome d’ombra che la luna aveva via via gradatamente modificato fino a quel momento. Massimo portò lentamente all’occhio il mirino della macchina fotografica, mentre Walter, munito di binocolo, si disponeva per dare l’even¬tuale segnale di scatto. Anche il registratore fu messo in movimento. A tutti e due gli Scouts parve di vedere contemporaneamente un punto luminoso, come un occhio fosforescente di gatto che riflettesse la luce. « Eccolo », disse Walter, e Massimo premette istintivamente il pulsante di scatto della macchina fotografica. Il lampo del flash illuminò per un istante lo spiazzo ma non fu sufficiente per lasciar vedere alcunché. Un urlo mostruoso però si sentì chiaramente (anche se difficilmente descrivibile) e qualcosa attraversò velocemente il prato e poi parve alzarsi da terra con frastuono, forse uno sbatter d’ali. I binocoli, avvicinando l’immagine, dettero a Walter la netta sensazione che quel qualcosa venisse troppo rapidamente verso di lui, per cui il nostro Scout istintivamente si alzò in piedi e si mise a correre disperatamente in direzione opposta, dopo aver gettato quanto aveva in mano verso l’apparizione, in gesto di difesa. Contemporaneamente anche Massimo fu preso dal vivo desiderio di gareggiare in velocità con il suo Vice. Fortunatamente si trascinò dietro la macchina fotografica, poiché era appesa al suo collo con la cinghietta. I rami sferzavano il viso, i rovi graffiavano le gambe ma ciò nonostante i nostri due atleti batterono ampiamente il record olimpico sui quattrocento metri. Peccato non aver potuto cronometrare! Si fermarono solo quando il paesaggio parve loro più familiare e prossimo al Campo. Si sedettero sulla sponda di un fossetto in attesa di riuscire a parlare. Quando il violento ansimare finalmente calò, pensarono bene di concordare una versione dei fatti ufficiale, e, ovviamente, più coraggiosa e particolareggiata. Molti dubbi però furono sollevati dalla Comunità, a causa ovviamente delle gambe tutte graffiate e dei binocoli e dell’altro materiale sparso in un ampio raggio e recuperato nella matti¬nata, nel corso di un sopralluogo operato da tutto il Reparto.

I risultati...
Il registratore, chissà perché, fu trovato aperto: la cassetta era uscita e il nastro si era sparso sui cespugli come una stella filante di carnevale. Svaniva così una prima importantissima testimonianza. Massimo fornì tuttavia, con ostentata tranquillità e sicurezza, una descrizione dettagliata dei fatti, promettendo di documentarli successivamente con la famosa foto scattata, che avrebbe dissipato tutti i dubbi. Due giorni dopo, i due eroi, affidarono il prezioso rullino fotografico a un laboratorio di loro fiducia e aspettarono con ansia i risultati, ripromettendosi d’inviare la foto anche ad «Avventura» e ad «Airone». Il risultato fu invece catastrofico: la foto, con tutte le caratteristiche di una doppia esposizione, mostrava solo l’immagine comprensibile e chiaramente visibile del viso della Giorgia, una Guida. Il mistero fu subito chiarito, senza ovviamente ricorrere a pericolosi e azzardati accostamenti. La settimana precedente la squadriglia di Massimo era stata invitata a pranzo dalle Guide che campeggiavano nella stessa località. Il nostro Caposquadriglia, anche con un certo interesse, si era esibito nello scattare foto con la sua nuova macchina. Ultimato il rullino, lo aveva riarrotolato ma senza sostituirlo, dimenticandosi di farlo anche successivamente. Così aveva scattato la foto con una pellicola già impressionata. Walter per un po’ di tempo continuò a sostenere che dietro all’imma¬gine della Giorgia si intravedeva anche quella del Sarchiapone ma nessun altro gli diede ragione, forse anche per non correre il rischio di perdere la simpatia delle fanciulle, alle quali non pareva né gradita né umoristica quella identificazione. Il mistero, dunque, permane tuttora e la caccia fotografica al sarchiapone può continuare lungo i fiumi Idice e Savena, accrescendo l’interesse dell’opinione pubblica per il parco fluviale di Castenaso.

Annunzio Gandolfi
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