Racconti al Fuoco di Bivacco
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Il segreto di Brasimone
2017-01-06 21:09:52
Gli scouts e le guide dovrebbero possedere tutti un “libro di caccia” su cui annotare le cronache più significate delle loro attività. Dal libro di caccia di Marco:

C’era una volta... incominciò a raccontare Don Nunzio, una delle prime sere al fuoco di bivacco, e piano piano uscì dalla sua bocca tutta la leggenda di Brasimone, un giovane ardito e buono che aveva seguito in esilio il figlio del suo re, sovrano delle contrade ove ora era posto il campo.
Erano stati lontano tanto, poi saputa la notizia della morte del re, erano tornati portando un segreto. Si era impadronito intanto della zona un re malvagio e cattivo, che tese loro un agguato all’ingresso della valle del Rio Torto. Il figlio del re fu ucciso, Brasimone scomparve e non si seppe più nulla di lui. Forse anche lui fu soppresso.
La leggenda si è tramadata nella zona attraverso centinaia di anni, insieme al desiderio di conoscere quel segreto, ma nessuno fu mai in grado di scoprire il mistero della scomparsa di Brasimone, quando… Eravamo ormai alla fine del campo e le fiamme del fuoco di bivacco avevano già la nostalgia delle ultime sere. Ospite inatteso arrivò il pastore, da noi tutti conosciuto perché giornalmente passava con le sue pecore attraverso il campo, fermandosi volentieri a chiacchierare.
L’arrivo del pastore, in un’ora così diversa dal normale destò un interesse particolare che si trasformò in ansiosa curiosità quando iniziò a dire che, dietro insistenza di don Nunzio, aveva cercato di radunare nella sua memoria tutti i ricordi di quando aveva sentito raccontare dai suoi nonni su Brasimone.
Ora, con l’aiuto di quei dati e per la grande conoscenza che aveva della zona, gli sembrava di essere in grado di poter indicare la località che avrebbe forse potuto svelare il mistero: «Un grande albero in mezzo a due torrenti, vicino a due sorgenti».
Egli quel posto lo aveva visto infinite volte, ma non lo aveva mai collegato con la leggenda. Ora però… perché non andare subito a vedere? Non era poi tanto distante! Comparvero delle fiaccole e degli attrezzi e ci mettemmo subito in cammino.
Alla luce delle fiaccole che si rispecchiavano lampeggiando nel ruscello, la lunga fila degli scouts paludati ancora con la tenuta da fuoco, panni e mantello e fazzoletto in testa, procedeva in una stretta valle, resa imponente da un contorno di abeti. Sembrava proprio una scena da leggenda medievale. Il pastore ordinò l’alt: i particolari topografici sembravano esatti.
Coi badili si fecero due o tre sondaggi, poi un rumore sordo fece capire che forse si era trovata la posizione giusta. Le vanghe affondarono febbrilmente tra l’erba e asportarono uno spesso strato di terra, poi picchiarono sul duro: era un grande lastrone di sasso.
Venti mani l’afferrarono e lo sollevarono lentamente. Sotto comparve uno spettacolo macabro: alcune ossa sepolte in mezzo a terra e sassi e tra esse un teschio che affiorava con un’occhiaia vuota e l’arcata superiore dei denti. I capi mossero pian piano le ossa ed ecco che trovarono una capsula di legno chiusa. Non fu possibile aprirla sul posto.
Gli scouts si mossero di nuovo per ritornare al campo. Ognuno commentava a suo modo la scoperta. Varie supposizioni si accavallavano ma comune era la curiosità di conoscere il contenuto della capsula. Attorno al fuoco i capi si misero all’opera.
Si sentiva solo il crepitio della fiamma, tutti gli occhi erano fissi su di un punto. Finalmente la chiusura fu tolta e comparve una pergamena:

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