Racconti al Fuoco di Bivacco
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Le campanine chiacchierine
2017-01-06 21:24:03
Tutti gli scout non devono dimenticare di compiere la Buona Azione giornaliera! Ognuno ha il proprio metodo per ricordarlo e noi andiamo a conoscere come nasce la tradizione degli scout di Villanova

Se avrete occasione di attraversare il campeggio degli scouts o delle guide di Villanova o, sentirete ogni tanto nell’aria il suono festoso di alcune piccole campanelle, appese agli alberi. Ce n’è almeno una per ogni squadriglia, con una striscia di carta appesa al batacchio a mo’ di banderuola, che prende il vento e la fa tintinnare.
È un richiamo argentino, delicato ma insistente :«La B.A.! La B.A.! La B.A.!».
Un tempo, gli scouts e le guide per ricordare questo loro impegno quotidiano di servizio, quando al mattino indossavano il fazzolettone, annodavano insieme le due punte inferiori e poi… non erano contenti finché non avevano trovato l’occasione di fare una Buona Azione e quindi di sciogliere anche quel nodo che ricordava il loro impegno quotidiano.Naturalmente fatta una B. A. (come si dice in gergo scout) non si era dispensati da farne altre…
Era un punto d’onore scoprire più occasioni possibili di rendersi utili e servizievoli. Il famoso romanziere francese Victor Hugo ha scritto che «Vivere soltanto per sé è una malattia.
L’egocentrismo è la ruggine della personalità».
Lo scout e la guida, per definizione, hanno il desiderio di crescere sani e con una personalità forte e quindi…
Almeno una Buona Azione al giorno debbono farla, a costo di andarla a cercare. Come si può altrimenti andare a letto tranquilli, senza «aver fatto un po’ di bene per avvicinarsi di più al Divin Figliolo Gesù», come dice la nostra preghiera?
Quel nodo visibile era anche un «invito» a chi si incontrava perché approfittasse della disponibilità che gli veniva offerta da ragazzi desiderosi di rendersi utili. Vorrei ricordarvi poi che nello spirito di Bi-Pi (così gli scouts chiamano confidenzialmente il loro fondatore Baden-Powell)la Buona Azione era immaginata come un «buon tiro birbone», ossia uno scherzo buono, piacevole per chi lo riceve.
Ecco: uno scout trova la sua gavetta lavata! Chi sarà stato? Ai ragazzi piace scherzare; perché non indirizzare questa loro caratteristica verso il bene piuttosto che verso la molestia del prossimo? Anche la comunità avrà allora un vantaggio e non un’incrinatura, come nel caso dello scherzo fastidioso. Nella Buona Azione, come in uno scherzo, deve rimanere, in quanto è possibile, la ricerca della sorpresa e il tentativo di lasciare sconosciuto l’autore.
La B. A., lo avrete già capito, deve essere a vantaggio di altri, non di se stessi. Non vale dire: «Oggi ho studiato quindi ho compiuto la B.A.», anche se l’impegno scolastico è cosa buona e può… sorprendere i genitori.
Deve anche essere voluta, ossia cercata deliberatamente al di là del proprio dovere quotidiano. Non può uno scout addormentarsi tranquillamente alla sera se nell’esame di coscienza è stato costretto a cercare tra le tante cose fatte nel giorno per trovarne una a cui appiccicare l’etichetta di B.A.
Oltre al nodo ci sono anche altre astuzie per ricordare questo primario dovere dello scout.
In un Jamboree, un’esploratore americano mi regalò - e la conservo ancora gelosamente - una bella medaglia - coniata proprio per ricordare la B.A. Su un verso è riportato il giglio scout, segno del cammino nella giusta direzione e nell’altro la frase: «Passami dalla tasca destra (dei calzoni) a quella sinistra - quella del cuore - quando avrai fatto la B.A.». A un ragazzo capita spesso di mettere le mani in tasca e quindi una medaglia come quella non può passare inosservata se è ancora a destra. Le stesse maniche rimboccate, tipiche dell’uniforme scout, sono il segno distintivo di un ragazzo attivo, che cerca di rendersi utile. Mettetevi ben in testa che sacrificare tempo ed energie per il bene del prossimo non è una perdita; è un arricchimento, che rende più felice anche la propria esistenza.
Iddio ci ha fatti secondo questo preciso progetto: più diamo più riceviamo.
«Il risparmio energetico» nel campo del bene… impoverisce.
Lo Scautismo lombardo stampava una volta una bella agenda quotidiana, che doveva servire soprattutto come diario delle attività scout. Aveva un titolo ben indovinato: «scinò», ossia sciogli il nodo (tutti i giorni). Ma torniamo alle campanine degli scouts di Villanova. Com’è sorta quell’usanza? Dovete sapere che fino a qualche anno fa due vecchi fratelli vivevano in una casa isolata tra i monti dell’alto appennino bolognese. Là erano nati e là erano rimasti per tutta la vita. Mancavano le strade e non arrivava la luce elettrica ma in compenso l’acqua era buona e abbondante, l’aria pulitissima e la legna a sufficienza per tenere sempre accesa una bella fiamma nel camino. Ogni stagione variava il panorama, accendendo i propri colori semprevivi: dal giallo dei prati fioriti della primavera al rosso delle foglie d’autunno, al bianco smagliante delle nevi d’inverno.
Una volta la famiglia era numerosa. I figli erano una ricchezza perché lassù tutto si lavorava a mano e si trasportava a spalla. I Marchetti, così si chiamavano, si sentivano ricchi anche perché vivevano sul «proprio» e ciò era sufficiente per assicurare l’esistenza. Allora la gente aveva poche pretese: bastavano un po’ di frumento per il pane, una decina di pecore per il latte e il formaggio, il maiale le galline e soprattutto le castagne e una gran fede in Dio.
Le scarpe si toglievano per S. Giuseppe e si rimettevano dopo i Santi. Ogni venti giorni passava il bottegaio della frazione più a valle col somaro: portava sale, un po’ di carne e qualche altra cosuccia e ritirava in cambio dei formaggi. Tra andata e ritorno impiegava una mattina, ma forse un po’ di tempo lo dedicava ad osservare la selvaggina poiché era un cacciatore accanito. Lassù c’erano allora anche altre costruzioni di sasso, immerse nel verde, ma servivano solo da alpeggio per l’estate.
Le famiglie che le usavano, ritornavano in paese con gli animali dopo la raccolta delle castagne, quando i giorni diventavano più corti. I Marchetti invece rimanevano. Pian piano, col tempo, la famiglia cominciò a sfoltirsi: qualcuno partì attirato dal lavoro e dai guadagni del fondovalle, qualche altro morì. Alla fine rimasero solo i due fratelli, che non si erano sposati, e una manciatina di animali. La loro vita era regolata dalla luce del giorno e dall’alternarsi delle stagioni.
Negli ultimi anni la loro casa fu un punto obbligato di passaggio per gli scouts che si accampavano più in basso verso il paese di Stagno. L’Hike personale di ventiquattro ore in val di Nadia, su per Caprevecchie e giù per Barbamozza, era il vanto degli scouts più anziani e...
il timore dei più giovani. La casa dei Marchetti, a più di mille metri di altitudine, rappresentava uno dei rifornimenti di acqua e anche l’occasione unica per scambiare una parola e chiedere una notizia o un’indicazione sui luoghi, poiché ormai lassù da anni non passano più nemmeno i cacciatori o i guardiaboschi.
E fu così che Italo, uno dei due vecchietti, una volta che passammo con tutto il Reparto, ci regalò la prima campanina.
L’aveva portata, addirittura dal Giappone, un altro fratello, che dal monte si era convertito al mare diventando marinaio. Con la saggezza dei vecchi lupi di mare aveva detto ai fratelli: «Quassù si sente solo il canto degli uccelli e il belare delle pecore.
Ricordatevi che nel mondo c’è anche tanta altra gente e c’è il Signore. Io, che ho viaggiato tanto, ve lo posso proprio confermare. Attaccate questa campanella ad un albero, come fanno i giapponesi; il vento la farà tintinnare e allora vi ricorderete di me e degli altri». Poi era partito per l’ultimo viaggio: ven-ne la guerra e non tornò più. La sua campanina fu attaccata ad un ramo di marasco accanto alla casa .
Gli scouts la notarono subito ed uno, più spiritoso degli altri, disse:
«Siamo così in alto, vicino al Paradiso, che sugli alberi fioriscono addirittura le campane!»
La battuta scherzosa piacque al Marchetti, che staccò la campana e ce la porse.
«Prendetela voi - disse - io sono quasi arrivato al Paradiso; voi invece avete ancora tanta strada da percorrere nella vita. Beata giovinezza! Fate suonare questa campana, ascoltatela e ricordatevi soprattutto di quanti hanno la solitudine nell’anima e nel cuore. Ve lo dice ‘un vecchio eremita’ che non si è mai sentito solo».
Fu così che la prima campanella iniziò il suo dialogo argentino con gli scouts e le guide di Villanova, durante i campeggi estivi. Da allora altre se ne sono aggiunte: una ogni buona azione realizzata dai Reparti.Appese agli alberi, pare proprio che sussurrino con cortese e lieta sollecitudine:
«B.A.! B.A! B.A.!».
E se qualcuno volesse fare le orecchie da mercante, vi assicuro che allora il loro suono diventa martellante e rintrona nella coscienza. Qualche anno dopo, il più anziano dei Marchetti morì all’ospedale e Italo rimase solo tra i suoi monti, invano sconsigliato dai nipoti.
Nel dicembre dell’Ottanta venne una gran neve, tanta da mettere in pericolo il tetto della casa. Decise allora di scendere a valle dai parenti. Una bufera allora lo sorprese e morì assiderato lungo il sentiero, mentre in lontanaza le campane della parrocchia suonavano l’Avemaria della sera.
Le nostre campanine ora suonano anche per lui e ci ricordano che nessun uomo è solo.

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